Controlli cardiologici post covid

Controlli cardiologici post covid, perchè sono necessari?

“Niente nella vita va temuto, deve essere solamente compreso. Ora è tempo di comprendere di più, così possiamo temere di meno”.

Questa frase è stata attribuita al premio Nobel Marie Curie: anche se fa riferimento ad una scienza di circa un secolo fa, possiamo considerarla sempre attuale, in giorni in cui siamo ancora sotto minaccia della (in realtà temuta) pandemia COVID.

Siamo però in un periodo di maggiore comprensione della malattia e dei suoi sintomi, e siamo in grado di capirne cause e sviluppi, nonostante sia ancora in fase di (imprevedibile) evoluzione. Questo dopo mesi in cui dubbi e false conoscenze hanno dominato la comunicazione sulla malattia, offuscando le ancora incerte conoscenze scientifiche.

Infatti, come segnalatoci dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, fino al 60% dei post pubblicati sui social e relativi alla pandemia ha riportato solo fake-news, alla pari del 51% di quelli sui vaccini e del 30% di quelli sul COVID, creando pericolosi allarmismi od ambigui negazionismi.

Ad oggi sappiamo come il bersaglio principale del virus SARS-CoV-2 sia il sistema respiratorio ma anche come la vivace infiammazione locale che ne segue sia tale da provocare una altrettanto vivace infiammazione sistemica, alla quale può seguire una insufficienza multi-organica.

Tra gli organi maggiormente colpiti vi è l’apparato cardio-vascolare, che da un lato può rappresentare, se malato, un importante fattore di rischio per un’evoluzione sfavorevole della malattia e dall’altro un pericoloso bersaglio delle complicanze dell’infezione.

Dobbiamo, perciò, descrivere il rapporto tra apparato cardiovascolare e COVID da più punti di vista, in particolare:

  • malattie cardiovascolari come fattore di rischio;
  • sintomatologia e complicanze cardiovascolari nell’infezione da SARS-CoV-2;
  • sintomatologia e complicanze cardiovascolari nel cosiddetto long-COVID.

Malattie cardiovascolari e COVID

Oltre al diabete mellito, le malattie respiratorie, le malattie croniche e le neoplasie, le malattie cardiovascolari rappresentano importanti fattori di rischio per l’infezione COVID e per una sua gravità.

In particolare dobbiamo considerare:

  • l’ipertensione arteriosa, malattia cronica già di per sé accompagnata da uno stato infiammatorio, presentando livelli di base più elevati di mediatori dell’infiammazione (tipo proteina C reattiva, procalcitonina, interleuchina-6 ecc.) che, in caso di contatto con il virus, possono aumentare il rischio di malattia grave;
  • l’insufficienza cardiaca;
  • le malattie coronariche
  • le miocardiopatie (malattie del muscolo cardiaco)
  • gli esiti di un Ictus
  • …oltre ad età, demenza ed insufficienza renale, i cui pazienti sono, spesso, anche ipertesi ed a serio rischio di sviluppare complicanze cardiovascolari.

Complicanze cardiovascolari dell’infezione da SARS-CoV-2

È bene spiegare subito il perché della correlazione tra COVID e patologie cardiovascolari.

È noto, infatti, come l’infezione da SARS-CoV-2 abbia origine dall’accoppiamento della famosa proteina S (Spike), sulla superficie del virus, con l’ACE2 o enzima di conversione, che funge da recettore della cellula umana per il virus.

Tale recettore è principalmente presente nei polmoni, risultando però presente in grandi quantità anche a livello cardiovascolare, giustificando sintomi e complicazioni, presenti in oltre il 10-15% dei pazienti infettati.

Tra i vari sintomi e\o complicazioni segnaliamo:

  • Miocardite: infiammazione del tessuto muscolare cardiaco (miocardio) con possibile morte di cellule e tessuti.

    Complicanza non rara, in grado di provocare vari sintomi, proporzionati all’entità del danno: dall’affaticamento alla mancanza di fiato, dalle alterazioni dei battiti cardiaci agli edemi alle gambe fino alla morte improvvisa.

    Provocata dall’intensa infiammazione e\o da un danno, diretto od indiretto, del virus stesso, in grado di entrare nelle cellule cardiache, favorire fenomeni autoimmunitari o provocare vasculiti (infiammazione dei vasi sanguigni).
  • Infarto Miocardico Acuto: ovvero la morte di variabili zone di tessuto miocardico per insufficiente apporto di ossigeno tramite le arterie coronarie.

    La carenza di ossigeno, lo stato infiammatorio e l’allettamento di cui soffrono i pazienti COVID possono favorire la formazione di trombosi coronariche, specie in arterie già sofferenti.
  • Pericardite: infiammazione del rivestimento esterno del cuore (pericardio). Variamente frequente, può essere associato alla miocardite.
  • Aritmie: alterazioni dei battiti cardiaci, dalle fastidiose extrasistoli atriali fino alle pericolose aritmie ventricolari. Causate da miocarditi, carenza di ossigeno, alterazione dei sali minerali (potassio) ed anche dalla terapia farmacologica.
  • Tromboembolia venosa: esistono evidenze che l’infezione da COVID-19 predisponga a uno stato protrombotico attraverso meccanismi diretti (microvasculite dovuta a danno virale), meccanismi indiretti (alterato controllo del recettore ACE2, carenza di ossigeno ecc.) e persino meccanismi comportamentali (diminuzione della deambulazione, allettamento ecc.).

    Tale stato protrombotico aumenta il rischio di trombosi arteriosa, ma anche di tromboembolismo venoso, come la trombosi venosa profonda (TVP) e la tromboembolia polmonare (TEP) descritti in pazienti con grave infezione da SARS-CoV-2.
  • Miocardiopatia Tako-tsubo: miocardiopatia non ischemica dovuta a stimoli di origine neurogena provocati da stress acuti di origine psicologica.

Sintomi del cosiddetto long-COVID

Ma veniamo adesso al long COVID, una sindrome descritta mesi dopo l’esplosione della pandemia.

Colpisce pazienti che sono stati infettati dal virus ed è caratterizzata da vari sintomi presenti anche se il virus non è più individuabile e che durano più di quattro settimane dall’episodio acuto, non risultando spiegabili in altro modo.

Tale malattia ha una durata variabile, non meglio definita: una parte della letteratura medica indica una durata che può arrivare anche a due anni, mentre un’altra indica, invece, una favorevole evoluzione già a distanza di pochi mesi.

Svariati, variabili e variamente presenti, sono i sintomi del long COVID, dominati dalla stanchezza cronica.

Insieme a disturbi respiratori (tosse, mancanza di fiato ecc.), disturbi cognitivi (deficit di memoria, episodi di confusione), insonnia, disturbi gastro-intestinali, dolori, perdita dell’olfatto e del gusto si riconoscono, infatti, importanti disturbi cardiovascolari.

Alla base del long COVID pare esserci una eccessiva risposta infiammatoria provocata dal contatto col virus e\o da danni provocati ai singoli organi nel corso dell’infezione, anche con meccanismi autoimmunitari (l’organismo che aggredisce proprie cellule).

Tale patologia pare colpire prevalentemente i soggetti femminili, le persone affetta da obesità, quelle più malate, chi ha presentato sintomi più numerosi ed inizialmente più gravi nel corso dell’infezione acuta, nonché alcuni markers laboratoristici: ma in realtà nessun soggetto può essere a priori considerato “non a rischio”.

Ciò spiega l’importanza di tale malattia e la necessità di controlli medici specialistici in chi ha superato l’infezione COVID (ma anche in chi pensa di non averla mai contratta). Soprattutto se si considera come il long COVID possa coinvolgere oltre il 10-15% dei soggetti infettati.

Sintomi cardiovascolari da long COVID

Relativamente ai sintomi cardiovascolari si segnalano palpitazioni, dolori, svenimenti e la nota Sindrome da tachicardia posturale ortostatica (POTS), caratterizzata da un significativo aumento della frequenza cardiaca (fino a +30 battiti al minuto) che si manifesta durante l’ortostatismo (la postura eretta), non associata a significativi cali della pressione arteriosa e provocata da disturbi neurovegetativi.

Sono state segnalate poi varie alterazioni cardiovascolari nel corso del long COVID, comprendendo miocarditi, pericarditi, infarto cardiaco, disfunzione del ventricolo destro (una delle camere cardiache, che riceve il sangue dall’atrio destro e che lo spinge nell’arteria polmonare) nonché aritmie, vasculiti fino alle note trombosi (venose ed arteriose).

Queste ultime sono favorite dalla forte reazione infiammatoria all’infezione virale, reazione che provoca alterazioni della coagulazione del sangue e delle piastrine, aumentando, inizialmente, il rischio di trombosi venose profonde ed embolie polmonari e di emorragie nelle fasi più avanzati della malattia.

Controlli cardiologici post covid

Da quanto segnalato abbiamo sicuramente compreso l’utilità di controlli specialistici sia nelle fasi successive dell’infezione da COVID che in caso di long COVID; controlli soprattutto cardiologici, dato che i sintomi presenti colpiscono in maniera significativa l’apparato cardiovascolare.

Oltre alla narrazione dei sintomi (anamnesi) ed all’esame obiettivo, risulterà di particolare importanza l’esecuzione di esami laboratoristici, compreso il dosaggio della troponina, enzima cardiaco che aumenta in caso di ischemie cardiache e del D-Dimero, che può far sospettare fenomeni trombotici.

Fondamentali gli esami strumentali: elettrocardiogramma (basale od Holter) ed ecocardiogramma in primis, eventualmente integrati, su indicazione specialistica, da ecocolordoppler dei vasi sanguigni periferici, radiografie (es. del torace), fino all’eventuale risonanza magnetica cardiaca.

Controlli cardiologici post covid a Napoli da CardioCenter

Da CardioCenter a Napoli è possibile eseguire gli esami di cardiologia e angiologia, sia in convenzione SSN che in regime privato. Fanno eccezione la Visita Angiologica e la Scleroterapia che si eseguono solo privatamente.

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Responsabilità dei contenutiSupervisione editoriale e scientifica
Dr Giuseppe Lavecchia – Specialista in Cardiologia
Dr Maurizio Lombardi – Specialista in Angiologia
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Bibliografia

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